A Bagnoli Irpino si viene alla scoperta dei tesori dei monti dei Conti Cavaniglia (antica famiglia feudataria locale del 400): il giacimento del “prezioso” sottobosco. Tra tutti primeggia il tartufo nero, un prodotto unico e ricercato. Una gloria produttiva del territorio, che si affianca alle altre espressioni di tipicità agro-alimentari, come le carni di agnello bagnolese, allevato al libero pascolo nel pianoro del Laceno, in un paesaggio agrario quasi bucolico dal latte delle pecore bagnolesi si ricavano dei formaggi pecorini (è di recente istituzione il relativo presidio di Slow Food) e delle ricotte di strordinaria prelibatezza. Un angolo di Irpinia gastronomica che vale la pena di conoscere e che ogni anno, in autunno, ormai da trenta edizioni, accoglie durante la Mostra del tartufo migliaia di gourmet ed estimatori del rinomato tubero (tuber mesentericum Vittadini). E’ d’obbligo assaggiare i funghi porcini, magari anche uniti alle gustose paste fatte a mano. Senza tralasciare i profumati infusi a base di frutti di bosco e la golosa pasticceria a base di castagne di Bagnoli Irpino, che potrete acquistare anche nelle fornite botteghe del centro storico.
Il tartufo nero di Bagnoli Irpino
Fra i prodotti naturali della montagna va segnalato il tartufo nero, che la legge per la protezione dei prodotti a denominazione di origine controllata, ( doc ), indica come “ Mesentericum Vitt, o tartufo nero di Bagnoli Irpino ”. È ricercabile soprattutto nelle foreste di faggio, sia sul territorio montano di Bagnoli che su quello di altri comuni circostanti. La ricerca avviene con l’ausilio del cane il quale, dopo averlo localizzato col suo eccezionale fiuto, talvolta persino sotto uno e più metri di neve, lo estrae con le zampette a venti trenta cm di profondità. Attualmente i ricercatori, sono riusciti ad addestrare cani che oltre a localizzare il tartufo e a scavarlo lo portano al tartufaro. Quest’oro nero era conosciuto già nel 1600. circa due secoli fa ci fu il primo noto ricercatore: “ Zi Angelo il tartufaio “, un ex brigante di Montella mandato a Bagnoli in domicilio coatto. Con l’inizio del secolo scorso aumentarono i ricercatori ed il tartufo inizio a fare bella mostra nelle più note salumerie di Avellino, Napoli e persino Roma. Non mancano esemplari grossi che raggiungono il chilo. Nel 1932 ne fu regalo uno di un chilo e cinquanta grammi al re Vittorio Emanuele III, il quale ricompenso il tartufaro, con un orologio d’oro e una spilla anch’essa d’oro con su l’effige di Casa Savoia. I cittadini locali lo mangiano soprattutto aggiungendo ai peperoni all’agro con alicetta, conditi con sale olio e limone. Nei locali ristoranti è possibile gustarlo al risotto, alle fettuccine con un pizzico di panna, o grattugiato sugli spaghetti o anche sulla pizza.
Il bosco castagnale ed i suoi effetti balsamici
La presenza di vaste distese castagnale costituisce altro fattore positivo e richiamo turistico. Infatti è nota la salubrità dell’aria del bosco di castagno, consigliato dai medici, particolarmente per i bambini. Esse occupano la parte pedemontana del territorio, e vanno dai 600 ai 900 metri di altitudine, ove inizia il bosco di faggio. Il prodotto va sotto la denominazione di Castagna di Montella, essendo questo comune il maggiore produttore. Scelto e selezionato con appezzature che vanno dal 60 a 80 per chilogrammo, viene commercializzato fresco. Gli scarti, selezionati a loro volta, parte finiranno per mangime e parte saranno essiccati su apposite grate e produrranno le famose bianche pistate, assai nutrienti e molto ricercate specie dai Paesi del Nord Europa. Le castagne del monaco si ottengono mediante un delicato processo al forno, e sono così denominate perché assumono il colore del saio del frate.
La produzione casearia nel comune di Bagnoli Irpino
Il caseario rappresenta un settore assai importante per l’apporto che dà all’economia locale. Esso proviene soprattutto da greggi e mandrie di mucche allo stato brado, le quali utilizzano i pascoli montani del Laceno, svernando le greggi nell’agro vesuviano e le mandrie lungo le rive dell’Ofanto al confine con la Puglia. La resa dipende dalla qualità dei pascoli, ma soprattutto dall’altitudine dove sono ubicati. Infatti, i pascoli di montagna rendono assai di più di quelli in località più basse, specie se di colline asciutte. La stagionatura avviene ancora secondo l’antico tradizionale sistema in locali freschi, asciutti ed abbastanza arieggiati. Il formaggio, messo in forme di vimini ( fuscelle ), viene sistemato sul pavimento per restare fresco, mentre il caciocavallo viene mantenuto sospeso al soffitto o alle pareti. Scamorza e fiordilatte sono preponderanti nel settore caseario. Un notevole contributo alla loro commercializzazione è dato dal movimento turistico del Laceno, sia in periodo estivo che in quello invernale. Rinomati ed assai richiesti sono i burrini in corteccia, in commercio di varia grandezza. La qualità del prodotto è andata molto migliorando in questi ultimi anni. Infatti, le passate sofisticazioni facilitate dall’aggiunta al latte della farinella, non trovano più convenienza economica per i maggiori costi della farina lattea proveniente dal Centro e Nord Europa. Un’altra voce assai redditizia nel settore della pastorizia e dell’armentizia è costituita dalla produzione di agnelli e vitelli. Si tratta di carni assai pregiate richieste in periodo natalizio ed in quello pasquale dal mercato campano.